Elhovo e Harmanli sono parenti lontani di Lampedusa. A mezz’ora di macchina da queste due città nebbiose nel sud della Bulgaria, l’ideale di un’Europa comune nella politica, nelle merci e anche nelle persone verrà un’altra volta ferito da tonnellate di filo spinato. Trenta chilometri di muro d’acciaio e cemento, fatto di matasse taglienti e pannelli prefabbricati, lasceranno presto passare le merci. Ma non le persone: impediranno cioè l’arrivo di altri profughi siriani dal confine con la Turchia. O meglio, devieranno la marcia di uomini, donne e bambini altrove, verso i barconi che salpano dalla Libia. Oppure verso nuovi valichi di terra: dove probabilmente saranno presto progettate ulteriori barriere spinate da far luccicare al sole come lame di coltelli puntati.
Nessuno dei sopravvissuti alla guerra in Siria fotografati in questo reportage di Matteo Bastianelli avrebbe mai immaginato di finire nei centri di raccolta di Elhovo e Harmanli. Solo un fuori di senno potrebbe affrontare rischi e fatiche per rifugiarsi nel Paese più povero d’Europa. Ma anche la Grecia ha costruito un muro tra le curve del fiume Evros al confine con la Turchia. Così la questione non è stata risolta: semplicemente l’hanno spostata qualche decina di chilometri più in là.
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