giovedì 22 agosto 2013

L’energia della protesta bulgara

Ci sono almeno due grandi ragioni che hanno provocato da ormai un anno una diffusa e imprevista protesta popolare in Bulgaria: i costi altissimi dell’energia, in quello che è già il paese più impoverito dell’Ue, e la corruzione del potere, spesso in mano a gruppi mafiosi. Decine di migliaia di persone sono scese in piazza in questi mesi per protestare contro i rincari delle bollette, assediando le sedi delle compagnie private che gestiscono il servizio e il parlamento. Naturalmente i grandi media europei hanno fatto di tutto per ignorare la protesta, che si è nutrita dell’energia degli indignados e delle recenti rivolte in Brasile e Turchia.

Nuovi venti di protesta in Europa e nel mondo. Venti che arrivano da popolazioni oppresse da politiche antidemocratiche ed economicamente insostenibili che stanno alzando la testa. Così in Brasile, Turchia e da poco in Bulgaria, il paese più impoverito d’Europa.
Proprio in Bulgaria l’associazione ASud ha avuto l’opportunità la settimana scorsa di incontrare alcuni dei rappresentanti della società civile impegnata nelle ultime proteste, organizzazioni partner del progetto europeo Cinergy (1), il cui obiettivo è costruire reti europee che scambino buone pratiche in merito a produzione, gestione, distribuzione e consumo di energia in un’ottica post carbon.
Proprio in quest’ultimo mese la società civile bulgara è di nuovo in piena mobilitazione contro la corruzione e le decisioni del governo, anche sul piano energetico. Abbiamo avuto l’occasione di intervistare alcuni esponenti di associazioni bulgare occupate sul fronte dell’energia, che ci hanno aiutato a comprendere la natura delle proteste che da quest’inverno vedono coinvolti migliaia di cittadini, con uno scarsissimo riscontro sui nostri media.
Può essere utile partire da una rapida analisi del contesto storico-energetico di questo paese: da cinquant’anni la Bulgaria si trova a dover dipendere energeticamente dall’influenza e dal potere delle imprese russe, da cui il paese dell’ex blocco sovietico prende circa il 75 per cento delle strutture necessarie alla produzione energetica. Ancora oggi in Bulgaria non è permesso importare sistemi di trivellazione al di fuori di quelli provenienti da mamma Russia. La Commissione europea ha più volte ricordato alla Bulgaria di aver implementato solo parzialmente la direttiva europea sul trasporto di gas ed elettricità e ha proposto il pagamento di un’ammenda giornaliera pari ad  8.488 euro.
I costi dell’energia sono altissimi: un cittadino bulgaro spende dal 40 all’80 per cento del suo salario (circa 400 euro) per il consumo di energia domestica. Secondo i distributori nazionali dell’energia elettrica gli alti costi sarebbero legati al fatto che pochi consumatori «onesti» pagano le bollette.
Quando il governo ha approvato l’ennesimo rialzo delle bollette, le proteste si sono diffuse in tutto il paese. Ciliegina sulla torta, l’aumento del 15 per cento sul prezzo dell’energia proveniente dalla risorse rinnovabili. Il governo bulgaro, infatti, non vede di buon occhio l’impegno nella realizzazione di sistemi di energia che emanciperebbero il paese sia dalla dipendenza da risorse fossili che dalle riserve russe.
 

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