Hanno superato i cinquanta giorni le proteste a Sofia, con migliaia di persone che si riversano in strada ogni giorno contestando l'attuale governo. Tutto è cominciato il 14 giugno scorso, con la nomina del trentaduenne Delyan Peevski a capo del dipartimento di sicurezza nazionale. Peevski, noto esponente del Movimento per i diritti e le libertà (MRF), era stato indagato per corruzione nel 2007 e nonostante l'assoluzione rimane agli occhi dell'opinione pubblica un esempio della corruzione nelle istituzioni.
In seguito alla violenta reazione popolare, il governo in carica da sole due settimane ha poi revoca la nomina, ma ormai il danno era stato fatto. E in realtà le radici dello scontento vanno ben più a fondo. Dalla caduta del regime comunista nel 1989 il Paese è stato governato da un'alternanza di politici con reputazioni discutibili, tra criminali e oligarchi portare alcun beneficio ai cittadini.
Eppure la rabbia popolare non riesce a suscitare alcuna reazione dalle autorità, il cui silenzio desta stupore e preoccupazione a livello internazionale. I parlamentari minimizzano l'entità delle proteste, accusando l'opposizione di aver fomentato i disordini – mentre la mancanza di un chiaro leader nonché di una forza politica alternativa sembrano incapaci di intimorire le forze politiche al potere.
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